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Carlo Rovagnati

2008

Ancora una volta Carlo Bertè opera uno spiazzamento nell’osservatore. Il tema della serie Le Catastrofi, non è tanto l’architettura destabilizzata, un’architettura che crolla sotto il peso inesorabile del tempo o di un fenomeno tellurico, ma il dipinto in restauro, ovvero l’interruzione del testo pittorico espressa attraverso la lacuna, nell’opacità o nella trasparenza della superficie della tela esibita, a tratti.

Le Catastrofi di Carlo Bertè non rappresentano mai uno spazio “al di là del loro supporto”. Alla stregua di oggetti architettonici, osservando i dipinti di Bertè viene voglia di aggirarli, per vedere cosa succede dietro, sul retro della tela, per scoprire se qui, come nei retabli medioevali, altre figure abitano quel medesimo supporto. In questi tableaux non c’è altro spazio che quello della tela. Il quadro, il tableaux, è riportato alla sua dimensione materiale, alla propria oggettualità architettonica.

A première vue les montrent un fond qui attend le développement d’une action: En réalité, une action subtile, bien visible, se déroule déjà: les décors mêmes cèdent ou bien s’écroulent. A première vue les Catastrophes présentent tous les éléments nécessaires à la construction d’une représentation classique: une architecture de fond, une action adressée à un spectateur (placé, de façon classique, en dehors du champ visuel, c’est à dire en face de la toile ), la toile considérée, à l’Alberti, comme une « fenêtre sur le monde